Amerigo Vespucci nacque a Firenze il 9 marzo 1454.
Portava il nome del nonno, ma, poiché era abitudine dare un nome di un santo, venne chiamato Amerigo Matteo.
Il padre si chiamava Stagio Vespucci e faceva il notaio, mentre la madre si chiamava Elisabetta. Il nome Vespucci deriva da “vespa”. Nello stemma della famiglia infatti appaiono le vespe d’oro. Nei Vespucci c’era una affinità con questi insetti: andavano dove c’erano i fiori, succhiavano il nettare e, in caso di necessità, usavano il pungiglione.
Viveva a Firenze. Nel quartiere Ognissanti, assieme alla casata dei Vespucci (mercanti di vino, di seta, di lana; spesso si occupavano anche delle operazioni bancarie e commerciali), vivevano sia i Filipepi (una famiglia che lavorava il pellame; Alessandro Filipepi è noto come Sandro Botticelli), sia i frati (questi cardavano e tessevano la lana, facendo stoffe che venivano esportate in tutta Europa).
I Vespucci lavoravano per i Medici sia a Firenze, sia in altre città della Toscana, ma non solo, si estendevano infatti in altre regioni ed anche fuori dai confini italiani. La potente famiglia dei Medici aveva banchi a Roma, Pisa, Milano, Genova, Lione, Venezia, Anversa, Avignone, Bruges, Lubecca, Ginevra, Londra, Barcellona e Valencia. I Medici avevano agenti che viaggiavano da Costantinopoli fino ad Alessandria e in tutto il mondo conosciuto.
Amerigo Vespucci
il navigatore che ha dato il nome all'America
un francobollo commemorativo
del V centenario
della nascita di Amerigo Vespucci
un francobollo commemorativo
del V centenario
della nascita di Amerigo Vespucci
Giorgio Antonio, lo zio di Amerigo, istruiva le famiglie fiorentine. Influenzò molto il nipote: gli mostrò una mappa colorata del mondo, lo informò riguardo ai mari percorsi dai mercanti, gli parlò di terre sconosciute, e riuscì a far nascere anche l’amore per i viaggi. Amerigo inoltre conobbe, grazie a lui, le opere di Dante e del Petrarca, ma non solo, anche quelle di Platone, di Eraclito e di Democrito. Spesso quindi partecipò alle discussioni di filosofia. Studiava le teorie di Tolomeo (il geografo greco, astronomo e astrologo considerato il padre della geografia).
Nel 1476, quando a Firenze scoppiò una pestilenza, Pier Francesco de’ Medici ospitò nella sua villa del Mugello, fuori città, la famiglia di Stagio e Giorgio Antonio. Lì proseguirono le lezioni di latino. Grazie a questo, quando fecero ritorno a Firenze, Amerigo era nella condizione perfetta per assumere incarichi diplomatici.
Guido Antonio, un cugino di Stagio considerato quasi un fratello, necessitando di un giovane che sapesse tenere i segreti e che fosse in grado di scrivere lettere al Magnifico, chiese ad Amerigo di accompagnarlo a Parigi. Divenne quindi il segretario particolare ed iniziò anche a viaggiare ed a conoscere realtà diverse.
Al suo ritorno andò al servizio di Lorenzo il Magnifico; aveva il compito di dirigere la casa di Firenze e si occupava dei loro affari.
Quando i Medici si divisero in due, gli oligarchici (Lorenzo il Magnifico) e i “popolani” (Lorenzo il Popolano), rimase sotto la casata del Popolano. Mantenne però sempre una buona amicizia con Lorenzo il Magnifico.
In quel periodo gli argomenti di discussione erano soprattutto geografici, si fece inoltre sempre più vivo l’interesse per un Nuovo Mondo ed accresceva sempre di più il fascino delle terre non ancora scoperte.
I porti spagnoli acquistarono importanza perché erano punti strategici per il traffico commerciale. I Medici a Siviglia non avevano filiali bancarie, ma i loro agenti si occupavano dei rifornimenti di merci (lana, cocciniglia, mandorle, cavalli, muli), oppure vendevano carichi, o noleggiavano vascelli per il traffico nel Mediterraneo e nell’Europa settentrionale.
A Siviglia, nel 1489, quando vi arrivò Vespucci, inviato dal Popolano per controllare uno dei suoi mediatori, vivevano molti genovesi. Una persona che riusciva ad accostare i due gruppi era Giannetto Berardi (genovese). Fu in questa città che Amerigo conobbe un amico di Berardi: Cristoforo Colombo, che si era trasferito dal Portogallo qualche anno prima.
Sia Vespucci, che Colombo, erano interessati alle teorie di Paolo dal Pozzo Toscanelli: veleggiando verso occidente era possibile raggiungere le terre del Levante, che Marco Polo aveva descritto.
Il loro incontro quindi fu stimolante, anche perché Vespucci proveniva da un particolare ambiente culturale dove tutti gli amici e gli insegnanti erano stati allievi di Toscanelli.
Nel 1490 Amerigo era di nuovo in Italia, prima a Piombino e poi a Pisa. Nel 1492 però ritornò definitivamente a Siviglia per curare gli interessi del Popolano.
La Castiglia, che si era continuamente espansa verso sud, nel 1491 ottenne anche Granada, ultimo regno da conquistare. Ora quindi erano necessarie nuove Terre per ingrandire ulteriormente il regno e dimostrare la grandezza della Spagna. L’idea di Colombo fu di conseguenza fortemente appoggiata dalla regina Isabella.
Quando Colombo rientrò a Siviglia, al ritorno dal suo primo viaggio, la domenica delle Palme del 1493, con sé aveva dieci indiani, numerosi pappagalli rossi e verdi e una grande quantità di pepite d’oro. Il re e la regina però si trovavano a Barcellona e fu costretto ad intraprendere il viaggio per andare a rendergli omaggio. Portò con sé solo alcuni degli indiani, e degli altri, quelli indeboliti dalla difficile traversata oceanica, se ne curò Berardi. Questi li sistemò nella sua casa, dove già abitava Amerigo Vespucci. Amerigo si era messo in affari per conto proprio ed era in società con Berardi.
Colombo, nominato “Ammiraglio del Mare Oceano e Vicerè e Governatore delle isole che sono state scoperte nelle Indie”, si preparò ben presto per un secondo viaggio.
Siviglia era diventata un porto privilegiato e Vespucci, come socio di Berardi e uomo di maggior preparazione intellettuale, si trovò pertanto in mezzo agli avvenimenti e a diretto contatto con gli interessi e gli affari di Colombo.
Per il secondo viaggio di Colombo era previsto che salpassero diciassette vascelli. Berardi fu incaricato di noleggiare un vascello di milleduecento tonnellate e di procurare 203.000 “arrobas” di biscotto da marinaio. Per quattro mesi sia Berardi che Vespucci furono molto impegnati nei preparativi. Era necessario: ingaggiare gli equipaggi, noleggiare le navi e armarle rifornendole anche di lance, spade, biscotto, vino, farina, olio, aceto e formaggio. Questa volta lo scopo della spedizione non era la scoperta, bensì la fondazione di una colonia. Servivano pertanto anche muratori, carpentieri, fabbri, operai, contadini oltre ad attrezzi e sementi. Era doveroso anche costruire una chiesa ed inviare i sacerdoti, oltre ai paramenti sacerdotali, un altare, un calice ed altri oggetti liturgici. Il 25 settembre 1493 la flotta di Colombo salpò da Cadice.
Le possibilità economiche della Spagna si erano molto ridotte. A causa di ciò i monarchi emanarono un decreto in cui concedevano ai delinquenti, a loro scelta, di essere liberati in cambio di un imbarco verso le Indie al seguito di Colombo. Gli equipaggi del terzo viaggio di Colombo furono presto, e in gran parte, costituiti da gente che non aveva nulla da perdere. Il 3 maggio 1498 salpò da Sanlucar de Barrameda.
L’entusiasmo per questi viaggi di scoperta aveva contagiato diversi commercianti e, poiché Berardi era invecchiato, toccò a Vespucci occuparsi della preparazione di altre navi. Per lui fu un continuo avanti e indietro da Siviglia a Triana (centro di raccolta dei marinai di Siviglia) e si avvicinò, sempre di più, all’ambiente marinaresco. Era lui che decideva riguardo a problemi tecnici, tracciava le rotte ai piloti, era lui che aveva le informazioni sul mare e sulle isole, che si procurava da coloro che rientravano da Hispaniola.
Ben presto quindi anche Amerigo Vespucci si imbarcò. Nel suo primo viaggio fu incaricato di seguire una flotta di quattro navi, che andavano alla scoperta di “nuove terre verso occidente”. Partì il 10 maggio 1497 dal porto di Calis (Cadice).
Queste navi svolgevano regolari collegamenti tra la Spagna e la colonia fondata da Colombo. Nel maggio 1497 il re ordinò che si imbarcasse anche Vespucci per verificare la situazione reale; c’erano infatti notizie discordanti, e non era chiaro se si dovevano rivolgere a Colombo dei meriti o, al contrario, dovevano essere presi provvedimenti per le ingiustizie fatte ai coloni. La corona controllava costantemente e severamente i suoi funzionari (non mancavano spie e agenti segreti). Prima che Colombo partisse per il terzo viaggio, il re voleva accertarsi, grazie ad una persona affidabile, dello stato effettivo delle cose. Quindi Amerigo si imbarcò per “aiutare a scoprire”.
Fu questa la spedizione che confermò l’esistenza di un continente nuovo, negando che si trattasse del Catai: quella era un’isola (Cuba) e quelle vicine erano le coste del Messico. Amerigo Vespucci fu il primo a dichiarare che quello era un nuovo mondo.
Le navi di Vespucci erano state ormeggiate a Gomera per otto giorni. In genere i viaggi per l’America facevano sosta a Gomera che era un luogo ideale per approvvigionarsi di acqua, legna, carne, animali (maiali e polli).
Lo scopo degli imbarchi di Vespucci non era quello di cercare nuove terre, ma egli voleva soddisfare la sua curiosità scientifica ed apprendere l’arte della navigazione. Desiderava mettere in pratica i suoi studi teorici.
Ad esempio, in uno scritto in cui parla della vita di bordo, descrive le amache: “dormono in certe rete facte di bambacia molto grande sospese nell’aria: … questo lor dormire paia male dico ch’è dolce dormire in epse”.
Ritornò a Cadice il 14 ottobre 1498.
Al suo rientro, l’amico Colombo era già imbarcato (sempre alla ricerca dell’Asia). Le prime notizie del terzo viaggio affermavano che l’ammiraglio era arrivato a Trinidad e poi nel Venezuela. Si recò poi a Santo Domingo, dove arrivò in pessime condizioni fisiche ed inoltre trovò una popolazione ostile. Tutte le notizie negative che giungevano indussero il re Ferdinando a costituire un comitato di vigilanza delle scoperte. Vennero scelti tre agenti tra i numerosi piloti e la gente di mare esperta di viaggi transoceanici: Alonso de Hojeda - "un castigliano che viveva a Siviglia"; Juan de la Cosa - "un basco esperto in carte geografiche"; Amerigo Vespucci - "un fiorentino rientrato recentemente dal mare". I primi due avevano partecipato al secondo viaggio di Colombo.
Per la cronaca, Juan de la Cosa è colui che disegnò la prima mappa del Nuovo Mondo.
Lo scopo della creazione di questo comitato era di sorvegliare, in incognito, l’ “ammiraglio del mare oceano”. Così il 16 maggio 1499, un anno dopo la partenza di Colombo, salparono quattro caravelle dal porto di Cadice. Il Comandante della nave ammiraglia era Juan de la Cosa, a bordo si trovava anche Hojeda. Tra i piloti c’erano Amerigo Vespucci, Diego Martin Chamorro, Juan Sanchez, José Lopez di Siviglia e Francisco Morales.
Navigarono di conserva, prima in vista del litorale africano, proseguendo a meridione delle canarie fino alle isole di Capo Verde in prossimità dell’equatore. Si spinsero talmente lontano da toccare un’isola, l’isola del Fuoco, dove caricarono legna ed acqua e ripartirono favoriti dal Libeccio.
A questo punto però la flotta si divise. Una parte seguì la rotta di Colombo (la nave di Hojeda), mentre Vespucci andò verso Sud, costeggiando il Brasile nei pressi di Capo San Vincenzo.
Questa fu la prima spedizione europea che attraversò l’equatore nel Nuovo Mondo (sul lato africano lo avevano attraversato i portoghesi nel 1471).
Vespucci in tutti i suoi viaggi non cercò oro e ricchezze. Il maggior profitto che trasse da questo viaggio fu lo studio del firmamento. Fece una scoperta riguardo alle coordinate di longitudine: “Quanto alla longitudine dico, che in saperla trovai tanta difficoltà, che ebbi grandissimo travaglio in conoscer certo il camino, che avevo fatto per la via della longitudine, e tanto travagliai, che al fine non trovai miglior cosa, che era a guardare, e veder di notte le opposizioni dell’un pianeta coll’altro, e mover la Luna con gli altri pianeti; … e questa ragione la certificai molte volte col punto de’ piloti e la trovai vera e buona.”.
Per gli italiani di Lisbona, e per i portoghesi, Vespucci era l’esperto delle coste del Brasile. Possedeva inoltre vaste conoscenze delle varie spedizioni inviate da Castiglia e quelle di Colombo.
Anche il Portogallo si era mosso verso le esplorazioni. Nella prima metà del quindicesimo secolo Pietro ed Enrico, figli di re Giovanni il Grande, possedevano colonie.
Enrico era detto Enrico il Navigatore ed è colui che fondò la marina portoghese.
Fu così che, quando Vespucci si recò in Portogallo, il re lo pregò di accompagnare le tre navi che aveva approntate per scoprire nuove terre.
Dato che Siviglia non era la patria di Amerigo, aveva amici ma non aveva affari, non aveva un impiego ufficiale e non era un cittadino castigliano, decise di accettare. In proposito lui stesso affermò: "... re Manuele (ndr: del Portogallo) che si mostrò assai contento del mio arrivo, chiedendomi con grande insistenza che partecipassi a una spedizione di tre navi ... dal momento che le preghiere dei re sono ordini, acconsentii ai suoi desideri ...".
Nella prima quindicina di maggio del 1501 salpò, con l’incarico di consigliere, per scoprire un passaggio. Voleva doppiare la terraferma, raggiungere così le coste occidentali e ripetere le scoperte fatte da poco sull’altro lato.
la nave scuola
Amerigo Vespucci
ormeggiata a Venezia
una immagine del navigatore
Amerigo Vespucci
la polena della nave scuola
Amerigo Vespucci
la nave scuola
Amerigo Vespucci
Colombo nel suo primo viaggio impiegò un mese e sei giorni per attraversare l’Oceano Atlantico dalle isole Canarie a Guanahani.
Vespucci attraversò l’Oceano invece nel suo tratto più stretto e impiegò sessantasette giorni.
Riuscì a trasformare la nave in un’aula scolastica, insegnando agli uomini la cosmografia.
Nei quattro mesi e ventisette giorni, durante i quali aveva veleggiato a sud dell’equatore, non aveva scorto né l’Orsa maggiore, né la minore. Aveva però scoperto molte stelle che non aveva osservato nell’emisfero settentrionale. Prese numerosi appunti per un libro che aveva in mente di scrivere.
Nel loro navigare scoprivano continuamente cose nuove. I paesaggi nascosti dietro le numerose insenature della costa, e i punti geografici, venivano dedicati ai santi. I nomi infatti provenivano dal calendario: il 28 agosto, giorno di sant’Agostino, diedero lo stesso nome a un promontorio; capo San Rocco e baia di Ognissanti furono detti così perché scoperti rispettivamente il 16 agosto e il 1° novembre. Il 13 dicembre fu dato il nome al fiume scoperto quel giorno. Il 6 gennaio, giorno dei tre re Magi, avvistarono una insenatura, la baia dei Re. Il fiume incontrato il 1° gennaio era il fiume di gennaio, rio de Enero (rio de Janeiro); l’isola scoperta il 20 gennaio fu dedicata a San Sebastian; il porto visto il 22 divenne il porto San Vincenzo; e via così.
Giunsero, senza saperlo, fino ad un punto molto vicino allo stretto che poi verrà invece scoperto da Magellano. Dovettero fare rotta verso casa in quanto una tempesta li colpì e danneggiò le navi. Nel settembre del 1502 due sole navi fecero ritorno a Lisbona. La terza era stata bruciata a Sierra Leone perché ormai era inservibile.
Le numerose notizie delle imprese di Vespucci giravano di città in città, senza fermarsi entro i confini di Spagna e Portogallo (concorrenti nelle esplorazioni). Importanti furono piuttosto i dettagliati resoconti e le relazioni scritte da Amerigo. Erano stracolmi di descrizioni attente e oggettive di quello che mano, a mano, vedeva e scopriva. Molte di queste esposizioni furono anche inviate a Lorenzo di Pier Francesco de’ Medici, e agli amici di questi. Grazie alle informazioni che Vespucci riferiva fu presto ben chiaro che questo era un Nuovo Mondo e non l’Asia.
Le esplorazioni compiute da Amerigo Vespucci erano più estese di quelle effettuate da ogni altro navigatore contemporaneo e le sue relazioni più precise.
Il 10 maggio del 1502 sei navi, con al comando Gonzalo Coelho, salparono dal porto di Lisbona. Su una di esse c’era Amerigo Vespucci in qualità di capitano.
Il 26 novembre 1507 il re convocò a corte Amerigo e Juan de la Cosa, per organizzare una spedizione che partì nel 1508. I due navigatori non erano soli, c’erano anche Vincente Yanez Pinzon e Juan Diaz de Solis.
Diaz de Solis e Yanez Pinzon partirono alla ricerca dello stretto, ma l’impresa fallì e rientrarono nel 1509. Juan de la Cosa salpò per la costa delle Perle, ma morì sulle rive della costa dei Caraibi. Vespucci invece rimase a Siviglia. Il 22 marzo 1508 il re l’aveva nominato “Piloto Mayor” della Spagna: “Amerigo sarà il pilota maggiore di Spagna”. Ottenne perciò la sovrintendenza di tutte le imprese che avevano a che fare con la navigazione e diventò il capo dell’università dei naviganti.
In Spagna non esistevano precedenti per questa carica, e così Vespucci prese spunto da quello che aveva appreso in merito durante la sua permanenza in Portogallo. Amerigo, come i suoi parenti avevano già fatto per Firenze quando avevano redatto le norme “regolanti le rotte marine”, i diritti e i doveri dei mercanti fiorentini, si trovava ora a farlo per la Spagna.
Il 6 agosto vennero stabilite le nuove funzioni del sovrintendente del mare. La premessa, del decreto reale che le sancisce, fa riferimento al fatto che per mancanza di pratica da parte dei piloti, e delle cognizioni necessarie a comandare le navi, vengono commessi numerosi errori e gli equipaggi corrono gravi pericoli e i beni del re e dei mercanti sono seriamente minacciati. La causa, si dice, è dovuta in gran parte all’incapacità di usare il quadrante e l’astrolabio.
Da ciò consegue che, poiché la Corona intendeva effettuare ulteriori viaggi ed allargare le scoperte, “è necessario che vi siano persone più esperte e meglio addestrate, le quali conoscano le cose utili … affinché coloro che navigano alle loro dipendenze possano navigare sicuri”.
Il re ordinò quindi che tutti coloro che erano al comando di una nave fossero prima stati esaminati da Amerigo, il pilota maggiore. Al termine veniva consegnato “un certificato di esame e la dichiarazione che ciascuno” aveva le conoscenze necessarie per intraprendere la navigazione con la sua nave.
Per istruire i piloti erano necessarie però le “carte di navigazione”. Considerato che in quel periodo c’erano molte carte, redatte da più navigatori nelle varie occasioni, il re stabilì che ne venisse fatta una unica generale. Proprio il pilota maggiore, Amerigo, ebbe il compito di redigerla. Venne chiamata carta reale, e alla stessa dovevano poi fare riferimento tutti i piloti di navi.
Venne stabilito anche che qualsiasi nuova scoperta, successiva, doveva essere comunicata al Vespucci che era anche incaricato di aggiornare la carta reale. La casa di Amerigo Vespucci a Siviglia divenne così una specie di università del mare Oceano e del Nuovo Mondo.
Nel frattempo era stato nominato cittadino di Castiglia e, da quel giorno non scrisse più a Firenze: era diventato un fedele suddito. Durante la sua vita non chiese alcun altro riconoscimento o titolo.
Morì il 22 febbraio 1512, assistito dalla moglie Maria Cerezo, senza lasciare figli. Non aveva né titoli nobiliari, né alcuno stemma gentilizio, non ricevette alcuna remunerazione per le scoperte compiute e non c’è alcuna testimonianza che li abbia chiesti.
C’è una frase, detta da Amerigo Vespucci, che mi piace particolarmente. La disse per motivare i suoi imbarchi e il fatto che il primo viaggio l'ha fatto con gli spagnoli, mentre gli altri li ha fatti per conto dei portoghesi:
"... mi allontanai dalla Castiglia ... Mi presentai dunque a re Manuele (ndr: del Portogallo) che si mostrò assai contento del mio arrivo, chiedendomi con grande insistenza che partecipassi a una spedizione di tre navi ... dal momento che le preghiere dei re sono ordini, acconsentii ai suoi desideri ...".