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LA CARACCA

Si tratta di un bastimento di alto bordo e di gran portata a quattro o cinque coperte, con due castelli uno a poppa e l'altro a prua, tre alberi, vele quadre, gabbie, parrocchetti, la mezzana latina. La sua portata è di 2.000 tonnellate. Veniva usata da tutte le nazioni, ma particolarmente da Genovesi e Portoghesi, per il traffico e qualche volta anche in guerra.
Il castello, sia a prua che a poppa, è una sovrastruttura leggera, praticamente una piattaforma, circondata da una balaustra o da un grigliato per non pesare sulle estremità della nave.
Inizialmente era fornita di due soli alberi, quello di maestra e quello di mezzana. La spinta maggiore viene naturalmente dalla vela più grande, una sola vela quadra sull'albero di maestra.
Con il tempo le viene apportata una modifica e viene aggiunto un terzo albero. E' da tener presente che ogni albero ha una sola vela ed è quadra. Le manovre dipendono dalle due vele più piccole, quella dell'albero di mezzana e quella dell'albero di trinchetto.
Successivamente anche le vele vengono modificate. Viene aggiunto un pennone al bompresso sul quale viene issata una vela quadra e sopra la maestra viene innalzato un alberetto sul quale è infierita una vela di gabbia, sempre quadra.

La SANTA MARIA, nave ammiraglia di Cristoforo Colombo, era una caracca di piccole dimensioni varata nel 1480 circa. La lunghezza fuori tutto era di circa 24 metri e la larghezza di 8 metri, l'immersione di metri 2,10 e la stazza di tonnellate 51,3 (attuali). Era dotata di tre alberi (l'albero di maestra era alto m 26,60), un equipaggio di 39 uomini, e portava 4 bombarde da 90 mm, diverse colubrine da 50 mm e balestre e spingarde portatili. Sull'albero di maestra il grande trevo portava la croce rossa di Castiglia e la parte superione dell'albero era fornita di una piccola vela di gabbia; sull'albero di trinchetto c'era una sola vela che prendeva lo stesso nome dell'albero e sull'albero di mezzana si presentava una piccola vela latina triangolare; il bompresso sorreggeva la civada (piccola vela quadra). Alla vela maestra potevano all'occorrenza essere aggiunte altre due vele, due coltellacci (piccole vele quadre).
Sul cassero c'era la cabina dell'ammiraglio, mentre l'equipaggio dormiva sotto il ponte di coperta (sul nudo legno) dove era presente anche un locale che si potrebbe identificare con una cucina.


Altre caracche di cui si ha documentazione raggiungevano al massimo la lunghezza di 38 metri fuori tutto, e di 26 metri considerando la sola chiglia, ed erano alte metri 10,40.

La barca veniva utilizzata principalmente per la pesca, ma era anche l'unico mezzo di trasporto e di collegamento tra le isole, inoltre, all'occorrenza, poteva diventare una macchina da guerra.


La prima vera navigazione, quella non fluviale, è avvenuta nel Mar Mediterraneo per merito degli Egizi.
E' da loro che ci è arrivata anche la più antica arte di costruzione navale conosciuta nei minimi dettagli.
Le navi usate nell'antico Egitto erano composte da tavole di legno molto corte, tenute assieme da legami in fibra vegetale. Il fasciame diventava impermeabile con il primo contatto con l'acqua: il legno si gonfiava e le corde vegetali si accorciavano.

Altri popoli invece utilizzavano i gusci di noce di cocco, ridotti in poltiglia, uniti alla resina dell'albero del pane, per calatafare lo "scafo".

ventaglio con veliero

parte di un ventaglio (da parete)

veliero

Un bel esempio di veliero attualmente in attività, e che quindi ti può capitare di vedere ormeggiato, è la Nave Scuola della Marina Militare Italiana "Amerigo Vespucci".
Se non sei già entrato nell'altro mio sito, a lui dedicato, ti invito a farlo.

 

Un modellino di imbarcazione in argilla, trovato a Eridu (in Mesopotamia), che risulta essere del 3500 A.C., ci dimostra che la vela veniva già usata a quel tempo. Questa imbarcazione era infatti fornita di un albero e, considerato che presentava dei fori sul fasciame probabilmente per alloggiarne i cavi, se ne deduce che era sostenuto dal sartiame. Essendo una nave di piccole dimensioni è probabile che venisse usata per l'attraversamento dei fiumi.

Il veliero è una nave che sfrutta il vento come mezzo di propulsione. Tra le creazioni dell'ingegno umano, è quello che mette insieme esigenze tecniche, funzionali ed estetiche.
Scaturisce dall'evoluzione di un piccolo, semplice, mezzo di trasporto, il primo vero mezzo di trasporto fin dall'antichità; indispensabile per mettere in comunicazione i Popoli, per la scoperta di Nuovi Mondi e per lo scambio di merci.

Se ci pensi, ti rendi conto di quanto sia sempre stata importante la nave. Un uomo può portare solo un peso analogo al suo e per un breve periodo; se utilizza un carro trainato da cavalli, o buoi, può arrivare a quattro o cinque quintali. Ma una canoa di dieci metri, condotta da otto rematori porta quattro tonnellate! E una piccola imbarcazione a vela, con un equipaggio di tre uomini, ne porta trenta!

Con queste premesse appare inevitabile che la navigazione si sia evoluta e sia ancora attuale.

 

 

Giulio Verne sosteneva che la nave è il primo vero veicolo della civiltà, perché quaranta chilometri di deserto dividono di più gli uomini che cinquecento miglia di mare.

veliero Amerigo Vespucci

puzzle di un veliero dei giorni nostri:
Amerigo Vespucci

I velieri:
l'evoluzione delle grandi navi a vela

I traffici mercantili in Egitto avvenivano principalmente nella Valle del Nilo, basti pensare alle sue 400 miglia, ed erano favoriti da un vento costante proveniente da Nord, che pertanto permetteva di navigare anche controcorrente. I più antichi disegni di barche appaiono già in tombe di 6000 anni fa. Si riferiscono a zattere di papiro, unico "vegetale" presente in quelle zone. Erano molto utili solo per attraversare acque tranquille, come i fiumi, e solo per pochi mesi, perché poi si inzuppavano, perdevano consistenza e marcivano.
La flotta Egiziana però non si fermò alla navigazione fluviale, dopo il 3500 A.C., aprì e mantenne regolari traffici marittimi nel Mar Mediterrraneo e nel Mar Rosso. Intensi contatti li ebbero soprattutto con il Libano nel 2650 A.C., principale fornitore del legno di cedro, con il quale costruirono le prime imbarcazioni, sembra già dalla Prima Dinastia, ma sicuramente dalla Quinta Dinastia.
Il tipo di nave usato aveva una sola vela, rettangolare (più alta che larga), sostenuta da un solo albero bipode (cioè a base doppia, di cui sono anche gli inventori) e due pennoni (uno in basso e uno in alto).

 

 

Per parlare della vera e propria storia ed evoluzione dei grandi velieri bisogna però aspettare i tempi più vicini a noi, il 1300 circa. E' in questi anni che appare in un documento, la "Carta di Pizigani", un tipo di nave a due alberi: la caracca. E' questa che poi subirà le opportune e graduali modifiche, richieste dalle varie esigenze dei diversi periodi storici.
E' da ricordare inoltre che fino al 1700 circa non esistevano scuole di costruzione navale, schemi o regole, e tutto il sapere era tramandato oralmente dai maestri artigiani, i carpentieri.

LA GALEA

 

Con Galea, o Galera, si intende un bastimento lungo e sottile, a vela latina, a remo scaloccio, usato generalmente in guerra.
Lo scafo è lungo e basso sull'acqua ed è fornito di uno sperone. A poppa è fornito di un piccolo castello con balaustra intorno.
Le flotte di Arabi, Turchi, Spagnoli, Francesi, Genovesi e Veneziani erano formate in prevalenza da galere.
E' armata come una caravella: due o tre alberi, vela latina. In particolare quella veneziana ha anche una lunga asta, per fissare la bandiera, posta a prora. La galea è fornita di una passerella al centro, che consente di accedere al castello a prua passando sopra i rematori. Spesso i rematori erano dei veri e propri prigionieri, ed è da qui che è derivato anche il nome galera.
E' chiamata con diversi nomi a seconda della tipologia:
fusta, se ha i remi appaiati;
galea sottile, quando i remi sono a gruppi di tre;
galea grossa, se è costruita per uso mercantile, quindi con dimensioni maggiori, con un rapporto di lunghezza - larghezza di 6 a 1;
galea sottile con rapporto invece di 8 a 1; galeazza (del 16° secolo), in cui sono incrementate le vele ed è presente il cannone.
Ogni tipo di galea ha determinate dimensioni, trascritte in alcuni documenti da Theodoro de Nicolò, un costruttore veneziano, e precisamente:
fusta: lunghezza metri 39,93, larghezza massima metri 3,96 ed un bordo libero massimo di metri 1,37;
sottile: lunghezza metri 39,93, larghezza metri 5,03 e bordo libero massimo metri 1,68;
grossa: lunghezza metri 46,02, larghezza metri 7,47 e bordo libero 3,03.
In un documento emanato da Carlo I D'Angiò nel 1275, si riportano queste altre dimensioni di costruzione: lunghezza alla linea di galleggiamento metri 28,20, fuori tutto metri 39,50, larghezza metri 3,70 e pescaggio metri 2,08. Erano armate a due alberi: maestra, di metri 18, diametro massimo centimetri 30 ed asta di metri 26,80; mezzana, di metri 11, diametro massimo centimetri 25 ed asta di metri 17.
Alla fine del 1500 le ultime galeazze cristiane fornite di cannoni furono quelle che parteciparono alla battaglia contro la flotta Turca a Lepanto. Dopo di esse ci fu l'avvento dei galeoni (più utili perché non necessitavano più di rematori).

Per la cronaca, nella battaglia di Lepanto (1571) la flotta della Lega era composta da: n. 207 galere, n. 6 galeazze e n. 30 navi da carico. Le stesse erano armate con un totale di 1.815 pezzi tra cannoni e petriere. In particolare: le galere avevano 5 cannoni nella zona prodiera e 2/4 mezzi cannoni con varie petriere e spingarde, e le galeazze 36 cannoni e n. 64 petriere disposti in due castelli su tre ordini. Gli equipaggi erano costituiti da 28.000 soldati, 12.920 marinai e 43.500 remieri.

 

IL GALEONE

 

L'introduzione dell'uso del cannone a bordo, con conseguente necessità di rendere più stabili le navi, la continua ricerca e conquista di territori e di ricchezze, e la possibilità di renderle più agili (senza la forza dei rematori, ma sfruttando la forza del vento), portarono alla creazione dei galeoni all'inizio del 16° secolo.
Il galeone è un bastimento lungo quanto le galere e galeazze, ma di alto bordo e grossi legnami, rilevato di poppa e di prua, con 14 portelli sul primo ponte e 14 sul secondo. E' una nave a vela con quattro (a volte tre) alberi forniti due con vele quadre e due con vele latine. L'albero di trinchetto ha tre vele quadre, quello di maestra (il più alto) altre tre vele quadre, e quello di mezzana è armato con una vela latina triangolare sotto ad una contromezzana quadra. L'eventuale quarto albero, detto di bonaventura, ha la vela latina.
Le sovrastrutture di prua e di poppa vengono alzate, tanto che in genere sono fatte da due o tre ponti. Il cassero normalmente viene ornato di statue e figure allegoriche. Il galeone misura mediamente m 42 di lunghezza e m 10 di larghezza.
Questa nave ha successo grazie alla sua agilità e manovrabilità, che consente di ridurre i tempi di navigazione e di viaggiare con meno equipaggio. A tutto questo si aggiunge anche una buona capacità di carico ed il fatto di potersi difendere con i propri cannoni, evitando quindi di partire con una scorta per un viaggio che in questi tempi sarebbe andato oltre Oceano.
Questo tipo di veliero nasce in Inghilterra. Grazie a James Baker, vengono realizzati i portelli di fiancata. Praticando delle aperture sulle fiancate, dotate di portelli di chiusura, si riesce a caricare cannoni più grandi che vengono installati sui ponti più bassi. La prima nave costruita con questo nuovo sistema è la Great Harry nel 1514, ed era la nave ammiraglia di Enrico 8°. Aveva una stazza di più di 1.000 tonnellate, imponenti castello sia a prua che a poppa, quattro alberi: trinchetta e maestra con vele quadre e rispettivamente una di gabbia, mezzana e bonaventura con vele auriche, 128 cannoni. Si dice che sulla stessa erano imbarcati arcieri che portavano una riserva di 750 frecce e 1.200 corde per gli archi.

IL VASCELLO

 

Nel 1700 l'evoluzione del galeone portò ad abbassare sempre di più i castelli, ad eliminare le decorazioni (che servivano solo come abbellimento, ed erano inutili se non addirittura d'intralcio), ed a modificare l'attrezzatura. Generalmente si tratta di una nave a tre alberi, ognuno composto da albero, albero di gabbia e alberetto. Su questo nuovo modello di nave si utilizzano di più le vele quadre e soprattutto si aggiungono le vele poste longitudinalmente. In particolare la controcivada e l'albero di parrocchetto, posti sul bompresso dei galeoni, vengono eliminati e sostituiti dall'asta di fiocco, che ora sostiene le nuove vele triangolari: i fiocchi e controfiocchi; tra gli alberi vengono issate le vele di straglio (o di strallo). La vela latina sull'albero di mezzana viene eliminata e sostituita dalla vela aurica. I pennoni vengono dotati di marciapiede, il cavo teso sotto di essi sul quale i marinai possono appoggiare i piedi durante le manovre alle vele.
Sotto il castello (a prua) c'è la cucina, mentre sotto il cassero (a poppa) c'è l'alloggio degli ufficiali.
La differenziazione dei vari vascelli avviene in base alla loro dimensione ed alla quantità di cannoni di cui sono dotati. La stazza raggiunge la grandezza compresa tra un minimo di tonnellate 1.500 ed un massimo di tonnellate 5.000. La nave di prima classe è quella più grande ed ha più di 100 cannoni, quella di seconda ne ha da 80 a 98, di terza da 64 a 74, di quarta da 44 a 56, di quinta da 32 a 36 e di sesta da 24 a 28. In genere i cannoni hanno un calibro compreso tra 3 e 42 libbre.
Queste sei classi sono suddivise anche in questo altro modo: le prime tre identificano le navi da battaglia, le altre comprendono scorte, avvisi, imbarcazioni con compiti ausiliari. I vascelli delle prime tre classi partecipano alle battaglie in linea (da cui deriva anche il vascello di linea, come la Victory), mentre quelli delle altre tre classi procedono da sole (veloci sia per sfuggire ad un nemico più grande, ma anche per poter raggiungere navi nemiche più piccole).

 

LA FREGATA

 

La nave usata alla fine del 18° secolo viene chiamata fregata. Si tratta di una nave lunga e bassa di bordo libero, fornita di non più di 40 cannoni disposti sul ponte principale ed avente il ponte di coperta aperto al centro. E' una nave molto veloce, può raggiungere i 12 nodi e può stringere il vento fino a 60 gradi. Il suo utilizzo principale è per la caccia al nemico e per l'esplorazione. Le dimensioni che raggiunge sono di m 55 di lunghezza fuori tutto e m 45 alla linea di galleggiamento, e m 12 di larghezza. Oltre ai cannoni (già presenti sui vascelli) porta anche armi più leggere. Di solito vengono caricati anche tre o quattro mortai a canna corta ed inoltre dei piccoli cannoni girevoli, che vengono montati lungo le impavesate (la parte superiore delle murate) ed utilizzati nei combattimenti ravvicinati. In genere è imbarcato anche un distaccamento di fanti di Marina. Una modifica fatta all'albero di bompresso, che doveva essere maggiormente resistente, è costituita dall'aggiunta di un'asta, ad esso perpendicolare, chiamata pennaccino (o buttafuori di briglia, o delfiniera). Alle vele già presenti sugli alberi ne viene aggiunta una quarta, il controvelaccio. L'albero di mezzana viene armato con velacci e controvelacci, al di sopra della randa. La fregata ha raggiunto così, in generale, un totale di 18 vele. A quelle quadre, all'occorrenza, potevano essere aggiunte alcune vele piccole, dette "forza di vele", che consentivano di aumentare e mantenere costante la velocità del veliero.

I primi costruttori sono i francesi che modificano i vascelli, eliminando il ponte superiore ed aumentando la larghezza, e rendono la fregata una nave più stabile sotto il fuoco dei vascelli nemici, pur restando altrettanto resistente, ed inoltre più veloce, grazie alla leggerezza.
Gli Inglesi successivamente modificano di conseguenza anche la loro flotta. In effetti per i loro traffici mercantili in America non è necessaria una nave prettamente da guerra, ma solo una che sia fornita di cannoni al solo scopo di difesa dei carichi preziosi. Le "fregate di Blackwall" (dal nome di un cantiere sul Tamigi), le più famose e le più grandi, hanno una stazza di 1400 tonnellate, una lunghezza massima di metri 55 ed una larghezza di metri 12.
Gli Stati Uniti, appena costituiti, vedendo l'utilità della fregata, la imitano, ma apportando alcune modifiche per renderla più agile. Ne diminuiscono il pescaggio (utile soprattutto lungo le basse acque costiere) ed affinano le linee della carena. Così facendo costruiscono le navi più grandi di quell'epoca: lunghe metri 60 e con larghezza massima di metri 13,50. Il nome ufficiale che viene dato è di "fregata da 44 cannoni", anche se in realtà ne portano 30 da 24 libbre in batteria, 20 da 12 libbre sul ponte di coperta e 2 da 24 libbre sul castello a prora. Anche la superficie velica viene aumentata, le fregate americane hanno tre alberi con vele quadre e la randa aurica, inoltre sono armati con velacci e controvelacci sui tutti gli alberi. La President era la più veloce e raggiunse i 14 nodi.

IL CLIPPER

 

Agli inizi del 19° secolo le esigenze sono cambiate. Ci vogliono navi che raggiungano le Colonie d'Oriente e portino merci risparmiando tempo, pertanto più affinate, prive di decori e naturalmente più invelate. Si modificano le vecchie strutture e si arriva ad un veliero armato a tre alberi con vele quadre e con la prua affilata.
Il primo grande progettista è un americano, John Willis Griffith, autore del Rainbow, il quale afferma che la nave, a parità di stazza, deve essere più lunga e con la prua sottile. Lo stesso progettò anche il Sea Witch, altro clipper che raggiunse la meta a tempi di record.
Nel 1850 il costruttore Donald McKay, famoso tra i costruttori americani di clipper, procede al varo dello Stag Hound che risulta essere il più grande mercantile di quel tempo. L'anno successivo viene però varato il Flying Cloud che lo supera: stazza di tonnellate 1750, lunghezza metri 70 e larghezza metri 12,50. Quest'ultimo raggiunge anche velocità impensabili con punte di 18 nodi.
La grande importanza della velocità, con la conseguente fama e le richieste di costruzione raggiunte dai clipper, la si capisce subito se si pensa che, nella seconda metà del 1800, esistevano due rotte commerciali importanti: Cina - Inghilterra per il tè e Australia - Inghilterra per la lana; il prezzo maggiore veniva fissato dalla prima nave che raggiungeva il porto.
Nel 1852 i cantiere americani vararono ben 61 clipper, nel 1853 invece furono 125. Sempre nel 1853 fu costruito, da McKay, il Great Republic, il più grande clipper: lunghezza 100 metri, 4 alberi, 13.000 metri quadri di vele ed un carico di 6.000 tonnellate di merce. Non prese il mare così, infatti subì alcuni danni a causa di un incendio. Venne restaurato qualche anno dopo, accorciando gli alberi e riducendo la capacità di carico.

 

Il Cutty Sark è uno dei classici "clipper del the".
Venne varato nel 1869. E' lungo m. 85,34 e largo m. 10,97, ha un'immersione di m. 6,40 ed un dislocamento pari a t. 2.133. L'equipaggio era composto da 32 uomini.
Adesso lo puoi ancora vedere, ed è visitabile, perché è "ormeggiato" a Greenwich. Guarda qualche sua foto o vai alla pagina "Galleria di foto n. 2 ".

caracca di Amerigo Vespucci

la caracca del
navigatore Amerigo Vespucci

 

 

 

caravella Pinta

la caravella di Cristoforo Colombo:
la Pinta

galeone Mayflower

un galeone:
Mayflower

 

 

 

galeone San Juan

un galeone:
San Juan

 

 

 

galeone Wasa

un galeone:
Vasa

LA CARAVELLA

 

La prima caravella è un'imbarcazione usata per la pesca in Portogallo. Il primo documento in cui appare è la "Carta di Alfonso III" nel 1255. Il termine verrà poi usato per tutte le piccole navi con due o tre alberi e vele latine. Si tratta di una nave a scafo rotondo, con poppa squadrata e prua arrotondata e con dislocamento medio tra 25 e 60 tonnellate.

Due delle navi di Cristoforo Colombo erano caravelle: la Nina e la Pinta.
La NINA aveva vele quadre sugli alberi di trinchetto e di maestra e vela latina sull'albero di mezzana. Era inoltre di poco più piccola della Santa Maria (una caracca). Non aveva il castello a prora ed il cassero risultava di dimensioni ridotte (inferiori all'altezza di un uomo), era fornita di tre ancore ed un equipaggio di 20 uomini. La lunghezza era di m 21,44, la larghezza m 6,44, l'immersione di m 1,78 e il dislocamento di t 52,72 (attuali). Con questa caravella Cristoforo Colombo compì anche il secondo e il terzo viaggio. Sembra che la Nina, sotto il suo comando, abbia navigato per più di 25.000 miglia marine.
La PINTA era ancora più piccola, con solo due alberi armati a vele quadre. Non ci sono molte notizie certe su questa caravella, ma sembra che sull'albero di trinchetto e su quello di maestra ci fosse una grande vela quadra, mentre sull'albero di mezzana era presente una vela triangolare latina. La lunghezza presunta va da m 18,50 a m 23,60, la larghezza da m 5,80 a m 6,30, l'immersione da m 1,60 a 1,85 e il dislocamento era di t 50 circa; l'equipaggio era composto da 25 uomini. Questa caravella venne noleggiata da Cristoforo Colombo da Gomez Rascon e Cristobal Quintero (comandanti poi della stessa nave). Aveva castello a prua e cassero a poppa, inoltre era stato costruito un casseretto (un secondo cassero più piccolo sopra il grande ponte di poppa). L'altezza del cassero sembra fosse di m 1,20 e probabilmente costituiva il dormitorio dell'equipaggio; il castello si deduce fosse alto m 1,40. Dalla lettura del diaro di bordo si è potuto constatare che questa caravella ha raggiunto, e mantenuto, la velocità di 11,2 miglia all'ora (attuali) per ben 11 ore.


La caravella viene utilizzata anche nei secoli 15° e 16° per i grandi viaggi in Oceano. Le sue dimensioni subiscono delle variazioni fino a portarla tra le 100 e 300 tonnellate, ha tre alberi e bompresso, vele latine e spesso vela quadra solo a prora. Spesso viene costruita con il castello a prua e il cassero a poppa. Nel 1500 spesso viene usata la parola caravella per distinguere il fasciame utilizzato: "a paro" piuttosto che "sovrapposto" o a "clinker". Praticamente le tavole che costituivano il fasciame erano avvicinate una all'altra e allineate secondo il loro spessore.
La cronaca del 15° secolo riporta proprio della costruzione di navi "caravelle", sul modello portoghese con fasciame "a paro", sia in Olanda che Danimarca. Questo permette un maggiore spessore del fasciame, e quindi rigidità, ed anche il fatto di posarlo su una struttura trasversale.
Le caravelle pur essendo di piccole dimensioni, di lunghezza inferiore ai 20 metri, avevano però buone caratteristiche tecniche: poco pescaggio, basse sull'acqua, strette e leggere, con poppa a specchio e prora affinata. Risultavano perciò veloci e buone boliniere, capaci di risalire il vento.

 

grammofono cristoforo colombo ascolta in sottofondo Conquest of Paradise (musica dal film "Cristoforo Colombo").

Sembra che il primo vero galeone fosse invece stato fatto costruire dalla regina Elisabetta d'Inghilterra, succeduta a Enrico 8°, sulla base comunque della Great Harry, ma correggendone i difetti.
Fu John Hankins che abbassò i castelli, praticamente eliminando quello di prua, e modificò lo scafo rendendolo più lungo e più stretto (il loro rapporto era di 4 a 1, anziché di 3 a 1). Creò l'alberetto smontabile, adottato poi sugli alberi di tutti i velieri fino alla loro scomparsa.
Phineas Pett nel 1610 creò un modello di un altro galeone, approvato dall'Ammiragliato, e chiamato poi Prince Royal. Era simile a quello della regina Elisabetta, ma più lungo e più immerso, e questo gli consentiva di caricare i cannoni su tre ponti.
Nella sua fase evolutiva, successivamente vedrà installato un piccolo albero (il parrocchetto) che poteva essere dotato di una piccola vela quadra (contro civada). Verrà invece eliminato l'albero di bonaventura, non più necessario vista sia l'abilità acquisita dai Comandanti, sia i miglioramenti apportati alle carene.
Altre nazioni vollero imitare tali imbarcazioni. Per la prima volta si fecero una serie di studi, nacquero le scuole e furono emessi trattati di architettura navale. Non bisogna dimenticare che precedentemente la costruzione navale non si basava né su schemi, né su regole e codici, il tutto era affidato alle conoscenze di pochi maestri carpentieri, alla tradizione artigiana e soprattutto orale!
Nel 1624 Richelieu, per competere con l'Inghilterra, ordinò agli Olandesi cinque di queste navi. In Svezia venne costruito e varato l'imponente Vasa. Nel 1637 Phineas Pett costruì il Sovereign of the Sea, lungo metri 40, largo metri 15 ed un pescaggio maggiore di metri 7. Venne ricoperto di decori ed ornamenti: la sua polena raffigurava un re a cavallo, mentre calpesta i soldati nemici, lungo le fiancate e sotto il bompresso aveva posto le sculture dei levrieri del re, l'unicorno, il leone, il cardo di Scozia, le rose di Inghilterra, il giglio di Francia e l'arpa d'Irlanda. A prora c'erano un cupido a cavallo di un leone, due satiri e sei divinità. Sulle murate apparivano blasoni, corazze, elmi, segni dello zodiaco, strumenti musicali. Le balconate a poppa aveva le cupole e le finestre ricoperte di immagini mitologiche. A poppa, sullo specchio, c'era la statua della dea Vittoria con Giasone, Nettuno, Giove ed Ercole. Tutto questo era ricoperto di oro. Ma, oltre a tutto ciò, questo galeone aveva anche una vasta superficie velica, che sarebbe poi stata adottata anche nei secoli successivi. Civada e controcivada sul bompresso erano state ingrandite, velaccio e gabbia volante appaiono sull'albero di maestra e parrocchetto volante e velaccino sull'albero di trinchetto. Questo galeone, nonostante la sua estetica, partecipò a molte battaglie e vinse, ma fu distrutto nel 1696 da un incendio, causato da una candela accesa caduta nel quadrato ufficiali.

vascello Royal Sovereign

un vascello:
Royal Sovereign

 

vascello Victory

un vascello:
Victory

 

fregata Havfruen

una fregata:
Havfruen

 

fregata Marlborough

una fregata:
Marlborough

fregata Bounty

una fregata:
Bounty

 

 

clipper Taeping

un clipper:
Taeping

I velieri e le grandi navi a vela furono accantonati a seguito della scoperta, e dell'avvento, del motore a vapore.
All'inizio i motori si rivelarono inefficaci per due motivi. Il primo per la poca forza che riuscivano ad imprimere a due grandi ruote a pale fissate sulle due murate del battello; il secondo a causa della necessità di riservare spazio ad un carico aggiuntivo costituito da carbone e legname, da bruciare durante il viaggio, per alimentare le caldaie.
Successivamente però vennero perfezionati i motori ed introdotto l'uso dell'elica al posto delle ruote a pale.
Le rotte Oceaniche vennero facilitate dall'apertura del Canale di Suez (inaugurato nel 1869) e pertanto rimasero solo alcune rotte riservate ai velieri. Questi ultimi navigavano solo verso: mete lontane, dove le riserve di carbone e di legname non sarebbero state sufficienti a percorrere l'intera distanza; dove non ci sarebbe stata la possibilità di fare rifornimento di combustibile, perchè venivano attraversate zone povere; dove i carichi sarebbero stati troppo economici, spesso appena sufficienti a coprire le spese, e non avrebbero concesso grossi guadagni.
Nel 1915 poi venne anche inaugurato il Canale di Panama, che permetteva di passare dall'Oceano Atlantico all'Oceano Pacifico con molta meno navigazione (sia in termini di spazio, sia di tempo) e soprattutto evitando di passare dal tanto temuto Capo Horn.